La gara conclusiva della stagione farà da sfondo al congedo dell’ultimo fuoriclasse italiano che tutto il mondo ci ha invidiato dopo Pantani
È un saluto affettuoso. Un passo d’addio con quel pizzico di malinconia che rimane in gola. Giusto e doveroso visto che da 18 stagioni Vincenzo Nibali, 38 anni il 14 novembre, ci fa compagnia con i suoi successi (tanti) e qualche delusione (poche) che fanno comunque parte del mestiere.
Di solito il Giro di Lombardia chiude la stagione ciclistica. Con quel senso di smobilitazione e di arrivederci al prossimo anno che accompagna una gloriosa classica nata nel 1905 e quasi sempre firmata dai grandi campioni. La prima volta la battezzò Giovanni Gerbi, detto il Diavolo Rosso, come ricorda Paolo Conte nella sua celebre canzone. L’ultima invece l’ha nobilitata un altro diavolo del ciclismo contemporaneo, questo Tadej Pogacar che corre e vince da febbraio a ottobre come i migliori campioni di una volta.
Questa volta però il Lombardia, alla sua 116esima edizione, vuole davvero esagerare. Non gli basta far da cornice all’ultima grande sfida stagionale dei big. No, farà anche da sfondo al congedo di Vincenzo Nibali, l’ultimo fuoriclasse italiano che tutto il mondo ci ha invidiato dopo Pantani. L’ultimo campione che ci ha fatto battere il cuore in quasi vent’anni di carriera vincendo tutti i grandi Giri: due volte il Giro d’Italia (2013 e 2016), una il Tour de France (2014) e una Vuelta Espana (2010). Se poi ci mettiamo anche due Giri di Lombardia (2015 e 2017) e una Milano-Sanremo nel 2018, capirete perchè ci viene un pizzico di malinconia all’idea che questo campione, schivo ma concreto come pochi, firmi per l’ultima volta il registro di una corsa.