
«Dovrebbe servirci da lezione per sempre». Così parlava Joachim Löw, all’epoca commissario tecnico della Germania, nell’ottobre del 2012, dopo che la sua Nazionale si era fatta raggiungere sul 4-4 dalla Svezia, nonostante un vantaggio di quattro gol. Era una delle partite più clamorose della sua gestione e, forse, una delle esperienze da cui nacque il pragmatismo che due anni dopo portò la Germania al trionfo mondiale in Brasile. Quella sera, all’Olympiastadion di Berlino, Löw appariva provato, visibilmente deluso.
Tutt’altro stato d’animo invece per Julian Nagelsmann, domenica sera allo stadio di Dortmund, nonostante l’ennesimo blackout della sua squadra, che si è fatta rimontare tre reti dall’Italia chiudendo sul 3-3. Il commissario tecnico tedesco si è mostrato entusiasta, quasi rapito dal livello di gioco espresso nella prima frazione, definendolo «un calcio incredibilmente bello». E non sembrava certo esagerato quando ha affermato, con una punta d’orgoglio, che quella prestazione «è stata la cosa più interessante vista negli ultimi mesi».
Ed effettivamente, il primo tempo della Germania contro l’Italia è stato travolgente, tanto da spingere molti osservatori a fare paragoni arditi ma comprensibili: in particolare, con l’8 luglio 2014, giorno dell’indimenticabile 7-1 inflitto al Brasile a Belo Horizonte. Certo, a Dortmund c’è stata anche la ripresa, molto meno brillante e segnata da un’inspiegabile perdita di concentrazione, ma il confronto storico resta comunque affascinante. Proprio come allora, la domanda che torna attuale è: che cosa si può imparare da una partita del genere?
Una squadra che non sempre resta al massimo
Allo stesso modo, anche le reazioni dei giocatori hanno offerto spunti di riflessione. Mentre la maggior parte della squadra aveva già raggiunto l’autobus con il sorriso sulle labbra, Joshua Kimmich si è fermato nella zona interviste con uno sguardo serio, carico di consapevolezza. Il capitano della Germania non si è limitato a celebrare il bel gioco, ma ha sottolineato con lucidità i limiti ancora presenti: «Abbiamo visto cosa possiamo fare quando siamo tutti al massimo, quando siamo concentrati e focalizzati. Ma si è anche visto che, se non siamo al cento per cento, diventiamo vulnerabili. E oggi l’Italia, pur con le sue difficoltà, ci ha dimostrato che può farci male se non giochiamo al nostro livello».
Il pareggio finale è sufficiente per garantire alla Germania l’accesso alla semifinale della Nations League contro il Portogallo, grazie alla vittoria per 2-1 ottenuta all’andata. Ma l’entusiasmo per il passaggio del turno si accompagna alla consapevolezza che serve maggiore continuità e solidità. Non è la prima volta, e probabilmente non sarà l’ultima, che una prestazione brillante viene offuscata da cali di concentrazione. Ecco perché l’insegnamento di Berlino 2012 torna quanto mai attuale: il bel calcio affascina, ma da solo non basta.
Per Nagelsmann, comunque, la serata di Dortmund resta un momento da ricordare: non tanto per il risultato finale, ma per quello che la sua squadra ha dimostrato di poter essere. Una Germania capace di entusiasmare e far sognare, ma che dovrà ancora lavorare molto per riuscire a farlo per tutti i novanta minuti.